la Repubblica.it - Archivio 30/8/2008
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/08/30/ascolta-la-voce-di-luciana.html
Antonio Tabucchi
"Ascolta, la voce, di Luciana"
Gli incontri della vita sono guidati dal caso, ma quando non lo si lascia scivolare impunemente davanti agli occhi e lo si "riconosce" allora il caso, da sua cieca natura di coincidenza aleatoria, rivela il senso misterioso che portava con sé, diventa "Occasione" come diceva Montale, entra nella nostra vita quale evento, alla stregua degli altri eventi fondamentali da cui la nostra vita è segnata e scandita.
Il "caso" che mi condusse da Luciana Stegagno Picchio si chiama Fernando Pessoa, anche se allora non sapevo bene chi fosse. O meglio, significa uno studente che pensava di essere tagliato per la filosofia, la Sorbona, molto tempo ben perduto a Parigi a scoprire cose diverse dalla filosofia, la decisione di tornare in Italia perché quello studente si era accorto che la letteratura gli piaceva di più. E un piccolo libro di versi dall' aspetto povero, un' edizione a tiratura limitata comprato per puro caso su una bancarella andando alla Gare de Lyon: Fernando Pessoa, Bureau de Tabac. Tabaccheria. Titolo davvero singolare per una poesia, perché di una poesia si trattava, firmata oltretutto da un certo alvaro de Campos che lì per lì mi sembrò uno pseudonimo dell' autore. Pessoa, chi era costui? E il portoghese, che lingua era? E il Portogallo, dov' era? Da qualche parte era, ma per l' Italia e l' Europa non stava in nessun luogo, perché il Portogallo di Salazar aveva girato le spalle all' Europa e l' Europa aveva fatto lo stesso con lui. Eppure, che grande poeta era quel signore ignoto di un paese ignoto che scriveva in una lingua ignota: lo intuivo dalla traduzione francese. E come sarebbe stato bello conoscere la sua lingua.
Anno accademico 1964-' 65. Mi iscrissi alla facoltà di Lettere e filosofia dell' Università di Pisa, la mia città natale. E, per puro caso, nel dipartimento di Filologia romanza c' era un insegnamento di Lingua e letteratura portoghese. E io un giorno andai a sentire una lezione. E qui il "puro caso" finisce e diventa un' altra cosa. Perché in cattedra c' era una donna bella ed elegante che con la voce che meritano di essere lette le grandi poesie leggeva un' antica poesia del medioevo portoghese, coeva della Scuola Siciliana, che parlava di lontananze e di nostalgie. «Ondas do mar de Vigo/se vistes meu amigo?/E ay Deus, se verra cedo!». «Onde del mar di Vigo, avete visto il mio amico? Dio mio, che torni presto!», e ancora: «Alte onde del mare, avete visto il mio amico? Dio mio, che torni presto!». E poi, dopo la lettura, la professoressa raccontava di quella Scuola poetica che nella Galizia e nel nord del Portogallo aveva elevato il gallego-portoghese a lingua poetica "speciale", a tal punto che Alfonso X di Castiglia l' aveva eletta per le sue Cantigas alla Vergine. Quel professore d' eccezione era Luciana Stegagno Picchio.
Quell' anno, sotto la sua guida studiai quei trovatori, le loro cantigas di scherno, di amore e di amicizia e appresi i primi rudimenti della filologia romanza. Alla fine dell' anno, dopo un buon esame (un puro caso), ebbi una borsa di studio e partii per il Portogallo. Conobbi un paese, conobbi scrittori e poeti perseguitati dal regime ai quali mi aveva indirizzato Luciana. E conobbi Maria José, che in seguito sarebbe diventata mia moglie. Ma soprattutto "riconobbi". Nel Portogallo degli anni Sessanta riconobbi l' Italia di cui mi aveva parlato mio nonno: un paese imbavagliato, castigato da un lungo fascismo. Un paese povero ma con una cultura e un passato ricchissimi. Un paese orgoglioso che il regime poliziesco non era riuscito a soffocare. Paradossalmente in un regime totalitario riuscii a capire meglio il valore della democrazia, ad apprezzare ciò che avevo e che a quel paese mancava. Il Portogallo era ormai entrato prepotentemente nella mia vita. Grazie a Luciana Stegagno Picchio.
Nel tempo di quella borsa di studio saltai una generazione: al mio ritorno Luciana non era più solo la mia professoressa, era insieme un maestro e un interlocutore, una persona da cui si impara e con la quale si discute. Intanto Maria José era venuta a laurearsi in Italia e con Luciana era nato un sodalizio, come se noi tre fossimo un pezzetto di Portogallo fuori dal Portogallo. Di quel sodalizio è anche risultato la rivista Quaderni Portoghesi (1977-1988), da noi fondata a Pisa, attraverso la quale portammo il nostro Portogallo (erano numeri tematici) nelle università europee ed americane. Vi creammo una direzione collegiale condivisa con amici lusitanisti come, fra gli altri, Fernanda Toriello. Luciana, come i veri maestri, mi ha insegnato che lo studio è fatto di fatica, di pazienza e di rigore, e mi ha insegnato che la filologia è un grande strumento: non serve solo per l' edizione critica di un testo antico, è un metodo di indagine e in qualche modo una visione del mondo.
E nella cultura del mondo intero ho viaggiato anche grazie a Luciana. Perché il suo è sempre stato un metodo comparatista dove la letteratura di lingua portoghese era uno dei termini di paragone, ma non si limitava al Portogallo, all' Africa e al Brasile, si confrontava col mondo intero. La sua Storia del Teatro Portoghese, che è del 1964, per far capire al lettore italiano la dimensione di un Gil Vicente, di un Cardoso Pires, di un Luis-Francisco Rebello, ad esempio, tratta con familiarità Ruzante, Pirandello, Brecht, e altri autori universali.
Un' analoga impostazione ha La Letteratura Brasiliana pubblicata da Sansoni nel 1972, e poi ripresa in un' edizione molto ampliata e aggiornata da Einaudi nel 1997. Uno straordinario esempio, quest' ultimo, di un sapere composito che con la letteratura accoglie il cinema, la musica, il folclore, l' antropologia, l' economia, la politica. è impossibile, in un articolo, dare la misura dell' eccezionale produzione scientifica e critica di Luciana: oltre quattrocento voci annovera la sua bibliografia che spazia dalle raffinatissime edizioni critiche dei trovatori gallego-portoghesi a quelle di poeti contemporanei come Murilo Mendes; i suoi studi teorici; i suoi lavori di linguistica con Roman Jakobson; le sue recensioni e i suoi articoli su la Repubblica; i suoi saggi su Pessoa scritti lungo una vita e raccolti in un volume recente che ho avuto l' onore di presentare al pubblico del Salone del Libro di Torino (Nel segno di Orfeo. Fernando Pessoa e l' avanguardia portoghese, Il Melangolo, 2003).
Oggi che Luciana ci ha lasciato, so che il cordoglio tocca non solo la cultura italiana ma quella di molti paesi: col Portogallo, il Brasile, gli Stati Uniti, l' Angola e gli altri paesi africani di lingua portoghese, la Spagna, l' Inghilterra, la Romania. Qui, dove mi trovo, Vigo non è poi tanto lontana e le onde sono quelle dell' Oceano Atlantico. Con l' avvicinarsi del settembre il mare sembra gonfiarsi e le onde si fanno maestose. Mi piace chiudere questo mio ricordo con la voce della mia amica Luciana che mi risuona nella memoria. Legge un' antica poesia.
ANTONIO TABUCCHI
30 agosto 2008